giovedì 13 dicembre 2012

‘Sulla strada’ trasuda narrazione e gioca con la quotidianità

Francesco De Gregori è rimasto uno dei pochi artisti in Italia che esce con un nuovo disco solo quando ha qualcosa da raccontare. Altrimenti preferisce il silenzio. E ci sarebbe da ringraziarlo solo per questo.
Il Principe torna quindi dopo quattro anni dall’ultimo cd di inediti (‘Per brevità chiamato artista’) e lo fa con queste nove tracce di Sulla strada che sono colme fino all’orlo di storie, trasudano narrazione, giocano con la quotidianità, in bilico su un filo che attraversa l’ironia e la malinconia, mischiandole con semplicità e sapienza. Facile incasellare un personaggio come De Gregori in confini prestabiliti come quelli del folk o del cantautorato, ma, senza mettere in dubbio quanto entrambe le anime siano presenti in questo nuovo lavoro, Sulla strada è di più, spingendosi oltre quei familiari confini.
E’ un disco di cui tutti noi, amanti del genere, fan, ammiratori, o rockettari più radicali, avevamo bisogno.
Ne avevamo bisogno per la delicatezza con cui viene raccontato l’Amore in Falso movimento (ultima traccia in scaletta): Amore che, nella creazione di un’immagine degna del miglior cineasta, ci siede accanto a tavola e “muove le mani in fretta, rovescia il sale…”.
Ne avevamo bisogno perché, con Guarda che non sono io (archi di Nicola Piovani), ci fa entrare nel solco in cui uomo e artista si allontanano, nel punto esatto dove De Gregori è solo Francesco.
(..)
Ma in tutto il cd, al di sopra di ogni altra sensazione, ce n’è una che vale la pena sottolineare, quella che vorremmo presente in ogni nuovo lavoro discografico: l’urgenza di raccontare (e raccontarsi).
E se Francesco ha avuto necessità di cercare, e trovare, queste nuove parole per parlarci di sé, del suo mondo (e del nostro), noi non dobbiamo far altro che aprire orecchie, e anima, e lasciarlo cantare. Lo diceva lui stesso qualche anno fa: “Menomale che c’è sempre uno che canta e la tristezza ce la fa passare, sennò la nostra vita sarebbe come una barchetta in mezzo al mare” (La ragazza e la miniera). Ecco, dopo aver ascoltato tutto d’un fiato Sulla strada, ci viene da dire una volta ancora: “menomale”.

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